Cimiteri d’Italia: Venezia

Nel nostro giro d’Italia alla scoperta delle tradizioni cimiteriali del nostro Paese, visitiamo in questa puntata i cimiteri di Venezia, il più storico dei quali è il  cimitero di San Michele, si trova nell’isola omonima della laguna veneta, posta tra Venezia e Murano.

Un tempo era la Cavana de Muran, dove i muranesi “parcheggiavano” le loro barche.

Ornata da cipressi e chiusa da alte pareti in terracotta, l’isola-cimitero di San Michele è una delle più praticate tappe di itinerari in laguna sul filo della memoria.

Una visita al cimitero di Venezia può trasformarsi in un viaggio emozionante e in un pelegrinaggio culturale.

Dal vaporetto, a mano a mano che ci si allontana dalla riva delle Fondamenta Nuove, si può scorgere il rosso dei mattoni dei muri di cinta e il verde cupo dei cipressi che contrasta con la bianca chiesa del Codussi che sovrasta la pavimentazione colorata del campo: è l’isola di San Michele, il cimitero monumentale di Venezia.

San Michele non fu sempre il cimitero della Serenissima. In quest’isola fra Venezia e Murano le famiglie Briosa e Brustolana fecero erigere, nel X secolo, una chiesa sotto il titolo di San Michele Arcangelo.

Nel 1212 il capitolo di Torcello concesse l’isola e la chiesa all’ordine camaldolese e la chiesa fu ampliata e riconsacrata nel 1221.

Sull’isola, san Romualdo, fondatore dell’ordine camaldonese, avrebbe trascorso alcuni anni in eremitaggio, e più tardi vi avrebbero soggiornato, fra gli altri,  fra’ Mauro, geografo e autore del famoso planisferio della seconda metà del Quattrocento, ora conservato presso la Biblioteca Marciana, e fra’ Cappellari, il futuro papa Gregorio XVI.

Verso il 1300 la Sede Apostolica concesse al monastero il titolo di abbazia e nel 1436 fu cominciata la costruzione del chiostro detto “piccolo”, tuttora esitente, mentre tra il 1456 e il 1460 fu eretto il campanile.

Alcuni anni dopo l’abate Pietro Donà affido incarico al Codussi di riedificare la chiesa.

Tra il 1523 e 1526 fu aggiunta al convento un’ala da adibire a foresteria e due anni più tardi si iniziò la costruzione della cappella Emiliana, edificata per volontà della vedova del patrizio Giovanni Emiliani.

San Michele in realtà ospitò il cimitero solo dal 1837 quando venne interrato lo stretto canale che distingueva i due isolotti di San Michele e San Cristoforo della Pace in modo da ampliare l’estensione del camposanto che, dal 1807 per volere di Napoleone, sorgeva su quest’ultima. In precedenza le sepolture venivano effettuate nei sagrati o all’interno delle chiese e, quando questi si riempivano, i resti erano trasferiti nelle isole della laguna (noto specialmente l’ossario di Sant’Ariano). L’abitudine di sgomberare così i cimiteri fu mantenuta sino al XIX secolo.

A partire dal febbraio 1806, la necessità di un unico luogo di inumazione posto al di fuori della città lagunare diventa urgente. In un primo momento, si individua l’area occupata dal Monastero delle Clarisse di Santa Maria Maggiore, nel sestiere di Santa Croce. L’architetto Giuseppe Picotti immagina una necropoli cinta da portici, in grado di ospitare 660 tombe. Ma il progetto è troppo costoso e non viene realizzato. I progetti seguenti prendono in considerazione l’isola di Sant’Andrea della Certosa, senza però arrivare ad una concretizzazione. È Napoleone nel 1807, al termine di un soggiorno in città, a individuare la soluzione al problema, indicando l’isola di San Cristoforo, posta fra Venezia e Murano. L’anno seguente l’isola viene evacuata, l’incarico viene conferito a Giannantonio Selva, che avvia i lavori. Nel maggio 1813 la costruzione risulta ultimata e il 28 giugno vengono benedette la cappella e il cimitero, affidato alle cure dei Frati Agostiniani. Il nuovo camposanto incontra però scarso entusiasmo. Diventato ben presto insufficiente, diventa necessario adibire a cimitero anche la vicina isola di San Michele che ospita un importante monastero camaldolese. Nel 1810, per decreto napoleonico, il monastero viene soppresso e l’isola resta di proprietà del Demanio, che la vende alla Municipalità per essere unita a San Cristoforo, sotto la cura dei frati Francescani. Nel 1826 iniziano le prime inumazioni a San Michele mentre dal 1835 iniziano i lavori di interramento dello stretto canale che divide i due isolotti, lavori che si concludono nel 1839. Una volta unificato, il cimitero prende il nome di San Michele. Nel 1843 viene bandito un concorso per l’unificazione stilistica del complesso. Vince Lorenzo Urbani ma il progetto non ha seguito a causa delle ristrettezze economiche in cui versa la città lagunare. Nel 1858 viene quindi bandito un nuovo concorso, vinto da Annibale Forcellini, che verrà realizzato parzialmente e con alcune modifiche, solo a partire dal 1870-71.

Nel 1998 S. Michele è stato oggetto di un concorso per l’ampliamento, vinto dall’architetto David Chipperfield.

A seconda della confessione religiosa, il cimitero è diviso nelle aree cattolica, ortodossa e evangelica. Il cimitero ebraico di Venezia, invece, si trova sull’isola del Lido.

L’emiciclo 22 d’ingresso (recinto XI) al cimitero storico monumentale ottocentesco è composto da 38 edicole, di cui sono parte varie cappelle gentilizie private appartenenti a nobili famiglie.

All’interno del cimitero, lungo le file di cipressi e di tassi, tombe antiche e logorate dal tempo e dalla salsedine ci conducono nel silenzio dei viali verso il centro dell’isola.

Sono molti i personaggi celebri qui sepolti.

Vi riposano Ezra Pound, Stravinskij, Diaghilev e, dal 21 giugno 1997, Josif Brodskij.

Nel cimitero di San Michele riposano anche il musicista Luigi Nono; Cesco Baseggio, grande interprete goldoniano; lo psichiatra Franco Basaglia; il pittore e incisore Emilio Vedova; il calciatore e allenatore Helenio Herrera e tanti altri nomi illustri.

Una visita al cimitero di Venezia può trasformarsi in un viaggio emozionante, un pellegrinaggio nell’armonioso equilibrio che regna  nell’aria dove la componente principale è “la quiete nel silenzio”, un’atmosfera non priva di una certa suggestione dove  la tranquillità viene interrotta solo dalle strida dei gabbiani. Dal vaporetto, a mano a mano che ci si allontana dalla riva delle Fondamenta Nuove, si può scorgere il rosso dei mattoni dei muri di cinta e il verde scuro dei cipressi che contrasta con la bianca chiesa del Codussi che sovrasta la pavimentazione colorata del campo.
Quasi a voler attendere il visitatore sul portale del chiostro della vecchia abbazia camaldolese per guidarlo nell’area cintata del cimitero, troviamo un importante simbolo dell’iconografia cristiana: San Michele, l’arcangelo che, sconfiggendo il drago, si impossessa della sua immortalità. Una volta entrati, sono invece file di cipressi e di tassi e tombe antiche e logorate dal tempo e dalla salsedine ad accompagnarci nel nostro silenzioso cammino.
Il cimitero è famoso non solo per le opere artistiche che vi si trovano al suo interno, ma anche per i personaggi illustri che hanno scelto di essere sepolti in questa città unica al mondo.  La prima cosa da sapere è che si tratta di un cimitero pluriconfessionale che ospita defunti appartenenti a diverse religioni suddividendoli in vari reparti. Attraversare le zone cattolica, evangelica, ortodossa e israelitica, equivale a compiere uno strano viaggio dove ogni scenario è completamente diverso da quello precedente.