Elezioni 2022 – questioni da porre alla politica
Le elezioni politiche che ci avviamo ad affrontare hanno colti tutti impreparati. Troppo rapida è stata la crisi di governo rimasta senza soluzione, troppo rapide le dimissioni del Presidente del Consiglio, troppo stretta e persino invalidante la tempistica stabilita per le operazioni preliminari alla campagna elettorale (scelta dei candidati, raccolta firme, presentazione liste). In un momento storico caratterizzato da disagio sociale ed economico, va da sé che le incertezze si sommino ad altre incertezze, e i cittadini si aspettino dalla politica risposte chiare, strategie, soluzioni, progetti che imprimano una visione al futuro del Paese. Il settore della funeraria non fa eccezione. Anzi, la congiuntura politica assume i contorni di una beffa. Come è noto era in discussione in commissione alla Camera dei deputati un progetto di legge quadro nazionale che finalmente avrebbe normalizzato il settore su tutto il territorio italiano. Un testo a cui peraltro Federcofit aveva fornito un valido e operoso contributo. Ebbene, due anni di lavoro, di audizioni, di emendamenti, di discussioni e negoziazioni finiti nel nulla. Con nessuna certezza che il testo verrà ripreso, perché le compagini politiche verranno sconvolte dai risultati elettorali e dalla riduzione dei parlamentari. Riteniamo sia giusto allora che la funeraria italiana faccia sentire la propria voce, ponendo ai politici domande aperte su temi cruciali che impattano non solo sull’andamento imprenditoriale, ma anche sui cittadini.
- Una Legge nazionale per il settore rispondente ai bisogni di oggi è assolutamente necessaria: dopo 30 anni dal DPR 285/90 cosa si aspetta? Dal 2001 ogni legislatura ha visto una proposta di legge senza arrivare all’approvazione. Assenza e disattenzione dello Stato centrale, sempre pronto a invocare altre priorità o ad ignorare le esigenze delle Regioni che hanno fatto qualcosa con specifiche leggi regionali. Non si può più rimandare un’assunzione definitiva di responsabilità da parte della politica. Occorrono definizioni univoche, pari condizioni operative, chiarezza nei rapporti imprese-istituzioni, piani per i cimiteri e i crematori, tutela della categoria dallo strapotere della finanza internazionale che si appresta a condizionare il mercato italiano. Come intende porsi chi andrà al governo rispetto alla necessità di pervenire a una legge nazionale che regoli la funeraria?
- L’imprenditoria funebre pone sul tavolo la questione di un sostegno da parte dello Stato: negli ultimi 15/20 anni sono state realizzate, grazie alle nuove leggi regionali, centinaia di strutture funebri, le “case funerarie”, con investimenti di centinaia di milioni da parte degli operatori senza un minimo sostegno da parte delle Istituzioni e dello Stato. Gli operatori funebri si sono impegnati da soli nella difficile ed onerosa opera di aggiornare i servizi alle famiglie e di innovare il settore. La risposta dello Stato è stata il totale disconoscimento dell’azione e dei meriti della categoria e del settore anche in frangenti difficili come la pandemia da Coronavirus. Indifferenza, disinteresse, superficialità da parte del governo hanno accompagnato il duro lavoro degli operatori funebri, che da parte loro invece hanno sempre operato e garantito il servizio anche in assenza di protezioni, portando empatia alle famiglie colpite da lutto in così tragiche circostanze. Riteniamo tuttora scandaloso, ad esempio, che i necrofori non siano stati ricompresi tra i soggetti da vaccinare in via prioritaria.
- L’aumento del costo dell’energia si riverserà inevitabilmente nel settore e inciderà nella imponente crescita delle cremazioni nell’intero paese: è noto che la scelta cremazionista da parte degli italiani assume da anni i contorni di una crescita esponenziale, ma i clamorosi aumenti delle bollette condizioneranno i prezzi delle cremazioni e in caso di ritorno ai metodi di sepoltura storici si corre il rischio da un lato che molti cimiteri non siano preparati ad assorbire le richieste di loculi e tombe, dall’altro che un settore in forte espansione come la cremazione, che offre posti di lavoro e necessita imponenti investimenti e cure manutentive, subisca una infausta battuta di arresto, provocando un pericoloso contraccolpo economico per le aziende che vi operano. Si ricorrerà a un intervento dello Stato per compensare il forte incremento dei costi? Si agirà sul piano delle imprese o su quello delle famiglie? È un tema che va preso di petto perché qui davvero si rischia di pregiudicare equilibri economici in modo consistente. Le famiglie vanno sostenute senza colpo ferire, ma un ragionamento coraggioso deve essere fatto anche in merito alla capacità e alle risorse dei Comuni di gestire forni e cimiteri (sempre più frequenti, ad esempio, sono i casi in cui i Sindaci chiedono alle imprese di provvedere alle operazioni cimiteriali per carenza di personale).
- I processi formativi e le nuove figure professionali: la leggi regionali hanno, giustamente, inserito obblighi formativi per tutti gli addetti del settore funebre. Tuttavia, vi sono almeno due aspetti che vanno chiariti, anche per porsi in linea coi Paesi in cui il settore è più evoluto. Il primo aspetto è quello delle figure professionali. Se è fuori discussione che la funeraria attiri nuove professionalità, che sia vista come un’opportunità su cui investire e che nuove professioni si affaccino all’orizzonte, è altrettanto vero che occorre un riconoscimento formale di certe figure come il tanatoprattore (cioè l’addetto alla cura e preparazione dei defunti per un commiato appropriato e dignitoso), che non è ancora stato effettuato in Italia, mentre è regolarmente presente in tutti i paesi europei e fondamentale nella gestione delle nuove “case funerarie”, al pari dei cerimonieri laici. Si tratta di competenza esclusiva dello Stato centrale non risolvibile dalla buona volontà delle Regioni. Si chiede quindi al nuovo governo una presa d’atto e una definizione normativa su scala nazionale: in tutte le regioni – ed è questo il secondo aspetto – le figure professionali devono essere le stesse, certificate dalla stessa formazione, assunte con lo stesso contratto collettivo. È inaccettabile e irrazionale che la formazione svolta in una regione non valga in quella confinante a parità di inquadramento professionale, stipendio e responsabilità.
Sono questi, in estrema sintesi, i temi e le domande su cui Federcofit intende sensibilizzare la politica. Ragion per cui li sottoporremo, per il tramite di questo documento e di comunicati stampa, all’attenzione delle Segreterie dei partiti che ambiscono a governare il Paese, ai leader politici nazionali, ai candidati ai prestigiosi seggi del Parlamento affinché la politica impari a interrogarsi su argomenti di prima (seppur complicata) fascia, argomenti peraltro che sfuggono alle categorizzazioni ideologiche, perché sono parte del costume nazionale e come tali vanno affrontati. Federcofit attende risposte e si augura di cogliere negli interlocutori una visione migliorativa, risolutiva ed attuale.
Il Presidente
Cristian Vergani