Roma: le vicende dei cimiteri romani e del crematorio del Flaminio

La cronaca quotidiana si occupa ancora una volta dei cimiteri romani e della situazione complessiva della FUNERARIA a Roma.

Lunedì scorso Report, la nota trasmissione di inchiesta di RAI3, ha trattato la materia con dovizia di particolari ed evidenziando i tanti aspetti che sono esplosi in questi mesi.

Non si debbono dimenticare le tappe, usiamo questo termine sportivo, che hanno segnato il quadro funerario romano: la consegna dell’urna contenente terra invece di ceneri, le proteste per l’apposizione del nome della madre, anche senza consenso, sulle croci delle sepolture dei feti, le operazioni di estumulazione fino all’esplosione dello “scandalo” delle cremazioni con le immagini, che la televisione ha diffuso, dei feretri in sosta nei depositi dei cimiteri romani in attesa della cremazione (si parla di oltre 1500 feretri in stato di avviata decomposizione) che potrà essere eseguita non prima di 30/40 giorni dal decesso.

Quadro e immagini da girone infernale non degne di ROMA CAPUT MUNDI.

Ma le immagini non traducono compiutamente la realtà, come evidenziata dal servizio: si assiste ad una sorta di sadismo amministrativo nel momento che le difficoltà irrisolte dall’Amministrazione vengono scaricate sui cittadini che, se vogliono cremare il proprio famigliare defunto in tempi “ragionevoli” rivolgendosi ad un altro crematorio non solo dovranno aspettare almeno 15/20 giorni per avere l’autorizzazione ma dovranno versare all’Amministrazione Capitolina un ulteriore balzello di oltre € 430,00, che si aggiunge ai costi della cremazione di circa € 650,00, quasi a dire “così impari a fare scelte diverse da quelli che noi ti diciamo”.

Vero è che si promette o si annuncia la sospensione del balzello da € 430,00 circa, sarebbe un primo passo che vogliamo verificare ma che non risolve il problema stante ancora la difficoltà, o impossibilità, ad avere le autorizzazioni in tempi ragionevoli per affrontare il trasferimento ad altro crematorio.

E fa sorridere, poi, la risposta della Sindaca che, a fronte di queste assurde scelte e situazioni, risponde promettendo tre nuove bocche di cremazione, quasi a dire portate pazienza che noi ci pensiamo: tra due-tre anni (tanto è il tempo tra progetti appalti e realizzazione) daremo risposte ai vostri problemi.

Signora Sindaca non siamo nel mondo delle favole o tra damine settecentesche; le soluzioni servono ora, nell’immediato. Cosa si aspetta a modificare radicalmente l’iter burocratico delle Autorizzazioni alla cremazione rilasciandole, come fanno tutti i comuni italiani, immediatamente con l’autorizzazione al trasporto o, per Roma, permesso di seppellimento? Cosa si aspetta a dare applicazione alle Circolari Ministeriali esplicitando la possibilità di utilizzare “altro crematorio disponibile” stante la difficoltà di quello romano? E senza oneri aggiuntivi, diritti fissi vari di dubbia legittimità, come recita una sancisce la Suprema Corte per sempre e non fino alla fine del mese o della emergenza.

Come si fa a giustificare che la consegna delle ceneri per la conservazione domiciliare, come da legge n. 130/2001, sia programmata ben trenta giorni dopo la cremazione del defunto? Ma quali sono le incombenze necessarie per impiegare questo tempo “storico”?

Certo si tratta di una situazione maturata progressivamente nel corso degli anni in un contesto di disattenzione e di abbandono colposo. Anche Report ha colto questi elementi evidenziando i casi che hanno visto operatori, non molti per la verità, mascherare impunemente la propria identità dietro l’immagine di Ama per farsi identificare come braccio delle Istituzioni. ‘Na schifezza che fa disonore e mette in discussione l’immagine dell’intera categoria.

Operatori da cancellare perché indegni di occuparsi del dolore delle famiglie e da colpire rigorosamente.

Se la situazione romana assume questa drammaticità, unica sul panorama delle grandi città, lo si deve anche al ritardo della Regione che, dopo 20 anni dal varo della prima legge regionale ancora latita quasi che la funeraria, costola della sanità, non rientrasse nelle competenze regionali.

Il caos di Roma, i rapporti malavitosi che hanno coinvolto alcune imprese funebri romane e del frusinate su cui è intervenuta ed interviene sempre più frequentemente la stampa sono figli dell’assenza di controlli e dell’assenza di regole certe.

Senza regole adeguate alle necessità dell’oggi, regna l’arte di arrangiarsi e di mentire di fronte alle famiglie: mentire sulle tariffe proposte per attirare i clienti, mentire sulle prestazioni fornite e via andando.

Gli operatori seri, onesti e professionali, che credono nella propria missione e nella propria attività, non possono stare a guardare; la misura è colma e ne va di mezzo il futuro dell’intero settore funebre.

La reazione non può continuare ad essere il bubare o la facile protesta verbale che non conclude niente; è tempo di uscire dal proprio orticello e rivendicare maggiori controlli per tutti, uscire e rivendicare, ognuno con le sue conoscenze, non favori ma una legge chiara, adeguata alla situazione laziale e rigorosa da parte della Regione, è tempo di uscire ed unirsi agli altri operatori per offrire e garantire alle famiglie romane e laziali rispetto, professionalità e quella trasparenza che fanno degli imprenditori funebri una categoria indispensabile per la città e stimata da tutti i cittadini.

Cristian Vergani
Presidente Federcofit