Vaccini sì, vaccini no

In un clima da stallo alla messicana gli operatori funebri assistono increduli alle piroette governative che decollano per planare su se stesse e risolversi con un nulla di fatto.

Dalla Segreteria di Federcofit sono partite lettere alle alte dirigenze regionali, sono stati tessuti rapporti con funzionari di estrema cortesia, politici attenti, ma alla fine nessuno che decida a nostro favore.

Eppure, questa volta le premesse c’erano tutte. Il documento ministeriale del 10 marzo 2021 “Vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19” introduceva un nuovo principio. Da un lato stabiliva una scala di priorità per la somministrazione del vaccino secondo criteri di criticità anagrafica, dall’altro invitava a proseguire nel vaccinare il “personale docente e non docente, scolastico e universitario, Forze armate, di Polizia e del soccorso pubblico, servizi penitenziari e altre comunità residenziali”.

Ma soprattutto, a pagina 4, si leggeva: “avendo cura di includere, nel personale sanitario e sociosanitario, tutti i soggetti che operano in presenza presso strutture sanitarie e sociosanitarie”. E proprio sulla scorta di questa frase, Federcofit ha rimarcato l’evidenza di interpretare a favore della categoria che tutela. È fuori dubbio, infatti, che gli operatori funebri lavorino in presenza laddove il Covid 19 è ospite tanto presente quanto indesiderato, sia nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, sia nelle abitazioni private di chi in casa è deceduto, magari con parenti positivi.

Passi allora l’ennesima mancata esplicita descrizione delle professioni funebri, non passi però la nostra interpretazione ben difficilmente contestabile. E difatti la Regione Umbria, che così ha interpretato, ha iniziato a vaccinare gli operatori funebri. Ma pochi giorni dopo ecco che arriva lo stop da Roma.

Le altre Regioni prendono tempo, assentono implicitamente al problema, ma non agiscono. Inutile elucubrare: qui nessuno vuole prendersi responsabilità. E un po’ lo capiamo: da un anno assistiamo al rimpallo Stato-Regioni, spesso ridotto a strumentale can can affinché nessuno davvero paghi anche solo a livello mediatico. Per cui tutto affoga nella pseudo dialettica partitica, nel gioco delle parti che in ultima analisi salva la politica e condanna cittadini e lavoratori.

E, va detto con dispiacere, lascia perplessi anche la linea di questo nuovo Esecutivo, partito in tromba con l’uomo della laica provvidenza e subito impastoiato tra sostegni placebo, vaccini che non arrivano, reti organizzative colabrodo.

Che fare?

Da parte sua Federcofit non recede di un millimetro, certa di combattere dalla parte giusta e di porre in evidenza un diritto sacrosanto: che è la tutela della salute di una categoria professionale che ha sempre agito in modo indefesso e in coerenza col delicato mandato deontologico che le compete. Sembra tuttavia assurdo che un comparto che il lavoro l’ha conservato, soffrendo poco o niente rispetto alla falcidia del turismo, del commercio, della ristorazione ecc., possa continuare a svolgere le proprie mansioni solo mettendo a rischio addirittura la vita dei suoi uomini.

Qui si tratta di mettersi una mano sul cuore: come lo fanno i nostri imprenditori, devono farlo i politici. E Federcofit non si accontenterà di essere voce che grida nel deserto, nella certezza che proprio un’emergenza di questo tipo, commisurata all’indifferenza del potere, semini con tutta chiarezza la necessità di una Federazione forte, a cui accorrano sempre più imprese nel nome di un principio che è la chiave del successo aggregativo: il tutto è più della somma delle singole parti.

Piero Chiappano