Una “nuova” finalità di utilizzo delle case funerarie.
Alcune regioni, tra cui la bersagliata Lombardia per prima, hanno deciso di non concedere temporaneamente il trasporto di salma a cassa aperta, per contenere il più possibile la diffusione del virus evitando gli spostamenti ed i possibili assembramenti delle famiglie sul territorio.
Così facendo decade il basilare scopo delle case funerarie. Tuttavia, alcuni imprenditori funebri (i più operosi) si sono immediatamente adoperati dimostrando uno spiccato senso di responsabilità nei confronti di questa emergenza riconvertendo (previa comunicazione ai comuni) le proprie strutture in depositi temporanei di feretri.
Tutto questo per cercare di creare ulteriori “vasi di espansione” alla gravosa problematica di accumulo di deceduti nelle strutture sanitarie sia pubbliche che private.
In tutto questo i cimiteri (fatta eccezione per qualcuno) non pare abbiano fatto il loro effettivo lavoro. Questi luoghi, che sarebbero preposti per loro scopo e conformazione all’accoglimento dei feretri, nulla hanno fatto di straordinario rispetto alla normale e quotidiana gestione.
Al di là delle questioni economiche, non sarebbe stato più logico che si fossero create strutture “temporanee” di accoglimento, come ad esempio le tensostrutture bergamasche create alle spalle degli ospedali in deroga a qualsiasi normativa (tanto in questo periodo al nord si sta derogando praticamente tutto) piuttosto che lasciare decine e decine di feretri nelle mortuarie di ospedali e RSA?
Comunque, molte case funerarie lombarde stanno facendo il loro extra dovere senza che nessuno gli abbia chiesto o imposto compiendo un servizio pubblico, senza esserlo, attraverso l’iniziativa privata.
A proposito, circola una voce secondo la quale probabilmente con un successivo provvedimento della Protezione Civile, verrà richiesto ufficialmente di utilizzare le case funerarie proprio a questo scopo, naturalmente per il solo periodo emergenziale.
Tutto bene (più o meno) se non fosse che per il 7 aprile è stato calendarizzato il pronunciamento per l’impugnativa del Governo che riguarda la Legge Regionale Lombarda sulla funeraria.
Ricordiamo che uno dei numerosi passaggi dell’impugnativa governativa riguarda proprio la definizione di casa funeraria definendola inammissibile in quanto non prevista dall’ordinamento statale. Tradotto, non hanno ragion d’essere.
Abbiamo e stiamo muovendo mari e monti per cercare di fermare questo delitto contro l’imprenditoria funebre lombarda che farebbe tornare indietro di 30 anni lo sviluppo delle nostre aziende.
Più o meno di 200 strutture su tutto il territorio lombardo con investimenti e sacrifici di centinaia di milioni di euro.
Oltretutto la contestazione riguarda espressamente Regione Lombardia, peccato che in altre regioni (in Veneto ad esempio) sia già effettiva ed in vigore già da più di 10 anni il concetto di casa funeraria.
Comunque, con la mano destra ci si congratula per l’iniziativa di ulteriore impiego delle case funerarie e con la sinistra si cerca di cancellarle dal dizionario creando i presupposti per una ulteriore contrazione economica post emergenza per un ulteriore settore di servizi alla persona. Incredibile.
- Dopo essere stati “ignorati” come categoria dimenticando di citare espressamente il nostro codice ATECO come attività essenziale;
- Dopo che palesemente si è evidenziato in una miriade di casi quanto sia quotidianamente indispensabile il nostro lavoro anche in situazioni allucinanti come questa che stiamo vivendo;
- Dopo che ci hanno requisito alle dogane moltitudini di Dispositivi di Protezione Individuale che ci avrebbero consentito di continuare a lavorare in sicurezza (solo a NOI di Federcofit è successo 3 volte);
- Dopo aver portato avanti il nostro lavoro ininterrottamente anche quando inizialmente nessuno ci diceva come e cosa fare per poter operare in sicurezza e cercando di ignorare la paura che ci assaliva;
… dopo tutto questo ci ritroviamo anche a vederci togliere la sedia da sotto?
Una cosa l’abbiamo imparata tutti!!! Adesso concentriamoci ed usciamo indenni il più possibile da questa orrenda condizione e a bocce ferme ci dovremo guardare negli occhi e renderci conto che è il momento di farci ascoltare come categoria tutta. Uniti e determinati, indipendentemente con quale Federazione.
Dovremo imporci, anche non solo con la voce, e far sentire il nostro disagio, le nostre preoccupazioni e le nostre esigenze a partire da una Legge nazionale. E’ arrivato il momento che questa categoria smetta di essere silenziosa e lavare i panni sporchi solo in famiglia gettando lo sguardo oltre ai propri interessi di cortile.
Meditate sul fatto che senza di noi non sarebbe sufficiente neanche l’Esercito.