Ricordando “la Gioconda”, il tram per Musocco

la principessa Maria Francesca Elisabetta Carlotta Giuseppina di Savoia-Carignano (Parigi, 13 aprile 1800 – Bolzano, 25 dicembre 1856)

Le facce dei milanesi erano rivolte verso l’alto e avevano espressioni compiaciute e maliziose, mentre fissavano lo sguardo sulle caviglie della viceregina, la principessa Maria Elisabetta, che aveva voluto provare l’ebbrezza di un giro sulle montagne russe del Monte Tabor.

Era stata la geniale idea d’un oste, reduce dalla campagna napoleonica di Russia, di aprire nel 1820 a ridosso di Porta Romana “L’osterìa del Monte Tabor”. Il locale era diventato in breve tempo motivo di richiamo per tutta la città, per le succulente pietanze, per la qualità del vino ed anche perché nello spazio retrostante il locale era stato allestito una specie di otto volante.

Tre viaggi al prezzo di 40 centesimi, di lira austriaca s’intende, su di uno slittino che conteneva a malapena una sola persona. L’oste però chiudeva spesso un occhio e lasciava salire due persone per volta le quali dovevano necessariamente sistemarsi l’una in braccio all’altra e questo fu ulteriore motivo della sua fortuna; correva voce che nella buona stagione riuscisse a guadagnare anche mille lire al giorno.

Oggi in piazzale Medaglie d’oro, all’angolo con viale Filippetti, protetta dalle mura dei bastioni spagnoli, al posto dell’ottocentesca osteria sorge una palazzina di un garbato stile liberty, 1907 Ingegner Migliorini, che dopo aver ospitato il circolo ricreativo dell’ATM si è in anni recenti riconvertita in stabilimento termale.

la palazzina del dopolavoro ATM di Milano

Il Dopolavoro dell’Azienda Trasporti milanesi fu un organismo creato nel 1926 con lo scopo di “educare, divertire, fortificare”, svolgendo un’opera capillare di penetrazione di massa.

Scelse come sede la palazzina di piazzale Medaglie d’oro e iniziò le sue attività: conferenze d’arte, letture per la sezione culturale, incontri ginnici, partite a bocce, lotta greco-romana, rappresentazioni teatrali, balletti e concerti della banda per la sezione filodrammatica. Una ricca biblioteca, e una palestra continuano la tradizione del Dopolavoro dell’ATM che vi affiancava come servizi per i propri dipendenti, delle facilitazioni per l’acquisto dei testi scolastici e uno spaccio di generi alimentari a prezzi molto convenienti.

Nel 1929 venne aggiunto un edificio per gli spettacoli teatrali configurato come un piccolo castello a due torrioni che inseguito è diventato un dancing con il nome di Ragno d’oro, ed oggi è il bar delle terme.

Una attenta osservazione dell’esterno di questa palazzina ci presenta un Interrogativo: a cosa servono quelle zanche in metallo che fuoriescono dai muri?  Sono resti di una pensilina lunga una decina di metri sotto la quale si radunavano i parenti del defunto per il quale veniva approntato un tram nero che avrebbe condotto la salma a Musocco. Stupiti?
Sì, questa costruzione fu un tempo la stazione dei defunti di Porta Romana attivata nel 1907.

Con la costruzione de Cimitero di Musocco (1889-95) in un’area molto distante dal centro si apriva la questione del trasporto delle salme quindi, affinchè i cavalli che allora tiravano i cortei non fossero sottoposti ad estenuanti fatiche nei trasferimenti fuori porta, si costruì una stazione funebre, attiva già dal 1895, in via Bramante (ora Via Noto) per i servizi destinati a Musocco.

alcuni tram “ordinari” di ATM

Avrebbe funto come centro di raccolta dei cortei che da lì sarebbero stati trasportati mezzo tram fino al cimitero di   Musocco. Nel 1907, per facilitare il trasferimento dei cortei, fu costruita la stazione di Porta Romana.
Nel 1926 ci fu il progetto di costruirne altre due: una ad est verso Porta Venezia ed una ad ovest verso Porta Magenta, la proposta però rimase senza seguito poiché si andava verso il rapido declino del servizio funebre tramviario.
La stazione funebre di Porta Romana fu dunque costruita nel 1907 dall’ingegnere Francesco Minorini e dall’architetto Pasquale Tettamanzi (oltre che dalle solite mai citate maestranze) per facilitare il trasporto delle salme dai quartieri più a sud della città fino alla stazione di via Bramante.

La soppressione del servizio funebre fu datata 1928 da P. Romana e 1930 da Via Noto.

Il collegamento col cimitero maggiore  fu però garantito dalle linee tranviarie 14 e 37, mentre per il trasporto salme furono utilizzati per qualche tempo (o meglio riciclati) i mezzi ad accumulatori marca Rognini & Balbo.

Citazione dalla rivista L’Edilizia Moderna: “La stazione, per ubicazione doveva necessariamente essere vicina alla Circonvallazione per poter essere allacciata ai binari già esistenti su quella via, senza eccessive spese; doveva essere vicina ad un incrocio di larghe vie diramantesi in varie direzioni, e nello stesso tempo doveva sorgere in località non troppo esposta alla vista dei pubblico e delle case vicine”.

Trovata l’area furono abbattuti i vecchi fabbricati esistenti, il salone della palestra della società Forza e Coraggio e parte delle vecchie mura dei bastioni.

La stazione constava di un fabbricato per i locali di servizio con due ampi atri laterali, di una tettoia per treni tramviari e di un deposito per le vetture, dotato di fosse per eventuali riparazioni.

I carri dei cortei funebri, arrivando si fermavano nel cortile sotto pensiline prospicienti i due atri di accesso e di qui le salme venivano portate alle vetture tranviarie dove si svolgevano eventualmente le cerimonie dei discorsi funebri.
Essendo due pensiline si potevano svolgere contemporaneamente e indipendentemente l’una dall’altra le cerimonie di due servizi funebri in contemporanea.

Fu costruita un’ampia tettoia per la sosta delle vetture e si fece in modo che sotto di essa non fossero necessarie manovre di attacco e distacco per evitare i rumori.

la Gioconda arriva a Musocco

Il convoglio con motrice e rimorchio era del tipo Edison: la motrice era divisa in due scompartimenti ad otto posti ciascuno, dove potevano sedere i parenti; nella vettura rimorchiata trovava posto il feretro e in un piccolo coupé posteriore stava il clero che accompagnava la cerimonia.

Un’elegante verniciatura con tanto di scritte in oro conferiva alle vetture una inconfondibile eleganza; l’interno era tutto noce e teak, alle finestre vetri smerigliati abbassabili recanti lo stemma del Comune, per tende una stoffa arabescata color piombo.

La carrozza era riscaldata d’inverno e ventilata d’estate, oltre che provvista di sedili di velluto per i “dolenti”.

Alla stazione di Porta Romana approdavano i cortei funebri provenienti dai rioni meridionali della città. Dal carro la bara veniva trasferita sulla nera carrozza tranviaria con una raffinata soluzione tecnologica che consentiva al personale di estrarre la bara dal suo scomparto foderato in lamiera zincata e chiuso da un portello a cerniera grazie ad un falso pavimento su rotelle di ferro su cui era possibile farla scorrere.

La stazione veniva chiamata ironicamente Monte Tabor, vuoi in ricordo della perduta osteria o forse per la sacralità insita nel suono delle due parole e il tram con stupefacente umorismo era detto “la gioconda”.

Il primo viaggio della Gioconda fu registrato il 4 ottobre 1907 e il defunto era, per la cronaca, il signor Luigi Cereda, abitante in via Osti al 12.

Sopravvive in piazza Medaglie d’Oro parte del fabbricato a ridosso dei Bastioni, con la bella fronte liberty rivolta al viale Filippetti. La stazione era sorta sull’area dell’ex “Monte Tabor”, famoso luogo di divertimento che impazzò per tutto l’800.

Seguiamo con l’immaginazione il mesto convoglio mentre trasporta una salma all’estrema dimora. Il tracciato è ancora lo stesso da Porta Romana il nero tranvai infila l’omonimo viale ( il futuro Monte Nero), proseguendo lungo i viali di “Porta Vittoria” (Premuda) e Monforte (Piave), di “Porta Venezia” (Vittorio Veneto) e” Principe Umberto” (Monte Santo), di” Porta Nuova” (Monte Grappa) e di “Porta Garibaldi” (Pasubio). Doppiata la Porta Volta, il tram raggiunge, per Viale Ceresio, il Monumentale e, costeggiato questo, la Stazione di via Bramante (via Luigi Nono). Poi, risalendo lungo il fianco sinistro del cimitero, approda in piazza” Moncenisio” (Coriolano) e, per l’omonima via (poi, più semplicemente, Cenisio), alla lunga dirittura del viale Certosa e al piazzale Musocco, fatale capolinea del tram dei morti.

Da un’osteriaccia nei pressi ne saluta l’arrivo, sollevando il suo nappo di Montarobbio, il disincantato avventore: «L’è rivàda la…Gioconda, alègher!».

Ciapa’l tram balurda
ciappel ti che mi sun surda
tric e trac lasel andà
tric e trac lasci andà

I rimorchi per i dolenti di cui si dice sono poi finiti sulla Ferrovia Genova Casella. Riconvertiti allo scartamento metrico e negli apparati di attacco e ai ganci, furono usati fino alla fine degli anni ‘50, poi demoliti.

Fino a poco prima che vi fossero insediati gli stabilimenti termali scendendo nello scantinato dell’edificio era ancora possibile vedere delle piattaforme di pietra ad altezza d’uomo, sovrastate da volte basse e massicce che testimoniavano la funebre funzione.

Jolly Roger

 

Tratto da i “Quaderni di Milano Policroma, N 1, 1983 La Gioconda al Monte Tabor di Roberto Bagnera”