Libertà di informazione: la lectio magistralis del buon Fogli

Tanto tonò che piovve, soleva dire Socrate a fronte delle ire funeste della moglie Santippe… e anche noi, della funeraria, nel nostro piccolo, abbiamo la nostra Santippe.

Anche il nostro ingegnere, molto più modesto del più famoso Ing. De Benedetti, si occupa di giornalismo e spande a destra e a manca, come Santippe, manciate di sapienza e conoscenza rintuzzando quello screanzato di Segretario di Federcofit, “poco avvezzo al giornalismo”, che tanto azzarda su Hermes Funeraria.

Il tutto nasce da una risentita contestazione di una vecchia abitudine, propria di molta stampa, di “sparare sul pianista” tirando fuori le solite “imprese funebri non corrette” in un indistinto polverone dove “tutte le vacche sono nere”. Ora nessuno si scandalizza se questa prassi è usata da normali giornalisti o cronisti che hanno bisogno di “fare il pezzo”, anche se per giornali importanti come il Corriere.

Certo, se questa prassi viene usata dalla stampa specializzata del settore e da quei soggetti che aspirano al ruolo di “maestri” e costruttori di prospettive risolutive per il Comparto Funerario, allora queste generalizzazioni e nebbie non sono accettabili a meno che non perseguano uno specifico disegno politico di parte…

Sgombriamo il campo da un’illazione cattiva, anche se particolarmente stupida, del nostro, che accusa il Segretario di Federcofit d’una “difesa d’ufficio di qualche mariuolo: in Italia c’è una sola Federazione del settore, Federcofit, che ha messo in atto formali azioni contro imprese funebri scorrette.

Parlando, direttamente, col Comandante Storoni dei Carabinieri di Bergamo abbiamo ricavato che le affermazioni riportate dalla stampa e spiattellate paro paro da “funerali.org” ai “suoi oltre 2000 affezionati lettori” non sono uscite dalla sua bocca… ma niente da eccepire sul fatto che “senza una formale smentita” quelle espressioni rimangono.

Qualche dubbio, invece, rimane sul fatto che, come dice il nostro, costituisca “notizia” il fatto che, a detta del Comandante, abbiano riscontrato comportamenti poco corretti da parte di alcune agenzie riferiti ad aumenti anomali dei prezzi (indagheranno).

Caro ing. Fogli, il rispolvero del tormentone sugli operatori funebri scorretti è incomprensibile, soprattutto se fatto a fronte dell’emergenza che ha investito Bergamo e la sua provincia in questo mese di marzo. Roba da vergognarsi pensando alla colonna di automezzi militari, questi sì automezzi “di fortuna” rispetto alle norme del Regolamento Nazionale di Polizia mortuaria, non a caso richiamate anche da una successiva nota del Ministro della Salute, che trasportavano feretri a crematori fuori regione.

Ci sembra più un’informazione pruriginosa che corretta, forse funzionale a tesi preconcette e sconfitte dai fatti.

Non vogliamo insegnare nulla, perché non abbiamo la vocazione dell’ing. Fogli, ma da un esperto sulla materia di tale prestigio ci saremmo aspettati una qualche riflessione sull’effetto generato dalla scelta di impiegare le forze dell’ordine e sulle future ripercussioni di quelle immagini che rimarranno impresse nella memoria di una collettività segnata da questa terribile situazione.

E… saremo ben contenti di denunce circostanziate sugli abusi fatti dagli operatori perché le “furbizie” non sono tollerabili mai, figuriamoci nelle emergenze!!

Poi, se la discussione che interessa debba essere quella sul “sistema funerario del futuro” si dovrebbe comunque partire da altri presupposti. Ha, forse, senso parlare del sistema funerario partendo dalla attuale emergenza, come accenna, per fortuna con qualche timidezza, il nostro?

L’emergenza “coronavirus” a livello nazionale, e soprattutto nella Regione Lombardia, dove sono esponenzialmente saliti i decessi registrati in un intero mese, non può offrire indicazioni di sistema per il nostro Comparto.

Questa emergenza, come del resto anche le altre emergenze per terremoti e sciagure diverse, purtroppo frequenti nel nostro belpaese, deve essere trattata come emergenza senza pensare a un sistema che possa risolvere, per sua natura e strutturazione, queste contingenze.

Anche con questa accezione, pur limitata, sarà necessario avviare una profonda riflessione sugli errori, troppi purtroppo, sui metodi e sulle competenze dei soggetti impegnati nella direzione, ai vari livelli, degli interventi. Bisognerà anche riflettere sulla necessaria partecipazione in questi momenti decisionali di rappresentanti della funeraria, pubblici o privati che siano, come succede in vari paesi europei: molti errori e numerosi scandali si potrebbero evitare.

Sì, perché a dire il vero in questo frangente ce n’è per tutti.

Se da una parte vediamo un indegno e sparuto gruppo di banditelli privati che avrebbero inseguito l’occasione per arrotondare i conti al rialzo da buone sanguisughe, dall’altra vediamo il pubblico piegare inevitabilmente le ginocchia.

Lo vediamo a Genova dove le operazioni cimiteriali “pericolose e contagiose” sono state in fretta e furia affidate al privato per consentire una operatività costante.

Lo ritroviamo nella quasi totalità dei cimiteri italiani, in condizioni di normalità, in cui le operazioni cimiteriali sono eseguite dalle imprese private in quanto il personale, ammesso e non concesso che ci sia, non riesce a garantirle, da decenni.

Concluderei con i nostri poveri cimiteri, i quali invece di accogliere in deposito i feretri in attesa di destinazione (anche in strutture temporanee), hanno invece fatto diventare le camere mortuarie degli ospedali o i loro piazzali coperti da tensostrutture lazzaretti in cui parcheggiare sino a data da destinarsi centinaia di casse con il loro relativo effetto “scenico”.

Se, poi, qualcuno, come potrebbe dedursi da alcuni accenni e affermazioni dell’ingegnere, si pensa a una distinzione tra “pubblico” e “privato” (anche se il cuore inneggia il pubblico e il portafoglio predilige il privato) nella gestione di queste emergenze lo si dica con chiarezza per il bene di un confronto chiaro e senza infingimenti.

Caronte