Cosa resterà?

La profonda differenza nel mercato del lavoro tra pubblico e privato si sta sempre più assottigliando giungendo ad una reciproca convergenza su gli obiettivi da conseguire.

Mi spiego meglio, ora il mercato del pubblico impiego (quello efficiente) sta sempre più orientandosi verso la meritocrazia e l’individuazione di un traguardo da ottenere in modo condiviso tra pubblici dipendenti passando attraverso analisi di efficienza delle varie risorse umane.

Sembrava impossibile ma anche nel “posto fisso” si stanno apportando seppur lente, ma profonde modifiche che a lungo termine renderanno più efficiente anche il pachiderma pubblico.

Certo che ci vorranno circa un milione di anni per sanare situazioni borderline, ma comunque brevi accenni positivi si debbono oggettivamente ammettere già da oggi.

Non sto parlando della politica e di tutte le sue pittoresche variazioni di colore e carattere ma del lavoro vero e proprio.

Per assurdo nel privato invece la situazione stagna e il mercato del lavoro non avendo avuto sostanziali e radicali soluzioni se non pezze malriuscite, ha portato ad una stratificazione di “nuovi contratti” che non hanno certo giovato al mercato stesso.

Anzi il proliferare della precarietà a creato intere flotte di risorse che non hanno niente da perdere o da guadagnare a fare quello che fanno quasi tutti i giorni.

Come sempre il settore funebre non fa eccezione, anzi direi che ha quasi sempre fatto da elemento guida nei confronti della più radicata precarietà e improvvisazione.

Se dovessimo scattare una foto del nostro settore OGGI noteremmo una profonda spaccatura che divide nettamente in due la nostra categoria senza alcuna zona grigia nel mezzo.

Da una parte troviamo sempre i soliti azzeccagarbugli che infilando la testa sotto la sabbia e cercando di non farsi notare cercano quotidianamente di zigzagare tra il lecito e l’illecito basando la propria attività su l’arte dell’improvvisazione e congiuntivi sbagliati, dando una pessima rappresentazione di sé e circondandosi di altrettante persone improbabili.

Dall’altra un gruppo di imprenditori che cercano di distinguersi in modo affannato dai loro colleghi investendo energie, tempo e denaro, in professionalizzazione e crescita di se stessi, della propria struttura e dei propri collaboratori.

Mi hanno sempre spiegato che per fare una cosa bene e la stessa cosa male ci si impiega lo stesso tempo, purtroppo questo concetto viene difficilmente recepito dalla categoria la quale è più incline alla cura del proprio orticello piuttosto che di cercare di avere una visione globale e di considerare la crescita professionale come una possibilità di miglioramento e non come una inevitabile rottura di palle.

Cercherò di fare una divinazione del futuro senza voler fare inutili voli pindarici, ma cercando di mantenere il più possibile piedi e sguardo atterra.

Agenzie di viaggio, agenzie assicurative, broker finanziari, commercio virtuale, portali di confronto prezzi, grande e media distribuzione e persino gli irreprensibili istituti bancari hanno dovuto inevitabilmente piegare le ginocchia al passo generazionale e affrontare con differenti soluzioni le pressanti richieste di aggiornamento alla velocità delle seconde generazioni che NON intendono assolutamente proseguire nella stessa direzione dei loro genitori.

L’imprenditore funebre avveduto non può pensare che lascierà a suo figlio le chiavi della bottega se non fa aggiornare la propria discendenza cedendo il passo alle nuove tecnologie informatiche, di comunicazione, di marketing o ad un buon acquisto di un vocabolario di Italiano.

La trasmissione dell’arte è indispensabile, ma NON E’ PIU’ SUFFICIENTE se non si vuole creare una generazione molle e incapace di affrontare un settore che sta già evolvendo e orientandosi verso un comportamento commerciale paragonabile ne più ne meno ad altri settori merceologici.

Ognuno è libero di fare quello che gli pare dei propri averi e sostanze compreso quello di buttarle dalla finestra o di consegnarle al proprio concorrente. FATE VOBIS.

JRoger