Campania: un comunicato del segretario di Federcofit

CAMPANIA: IMPORTANTI PROVVEDIMENTI DELLA GIUNTA PER LA FUNERARIA

LACUNE MOLTO SIGNIFICATIVE VENGONO RISOLTE-PERMANGONO APERTI IMPORTANTI PROBLEMI

Alla fine del mese di Novembre, il 27 novembre per l’esattezza, la Giunta Regionale della Campania ha deliberato tre importanti provvedimenti in applicazione della legge regionale sulle funeraria varata nel lontano 2013, la Legge Regionale n. 7 del 2013 che integrava la Legge Regionale n. 12 del 2001.

Le Delibere in questione sono la n. 731, “Linee di programma per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio delle attività funebri e per il relativo svolgimento”, la n.732, “Istituzione del registro regionale degli esercenti l’attività funebre e degli operatori funebri” e la n. 733, “Approvazione dei requisiti strutturali e disposizioni per la realizzazione e la gestione delle case funerarie e delle sale del commiato”. Per ogni documentazione il testo delle Deliberazioni può essere ricavato dal sito della Federazione www.federcofit.eu nella sezione “legislazione- regioni”.

Dopo il circostanziato parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che tanto ha fatto discutere qualche anno addietro, pensavamo di trovare qualche risposta alle argomentazioni del parere in questione…, niente di tutto questo, le Deliberazioni si pongono l’obiettivo di definire i criteri e le modalità di applicazione delle norme, così come sono ed indipendentemente dai problemi che nel corso di questi anni sono stati sollevati.

Cercheremo di avanzare una prima analisi senza farci condizionare né dai detrattori, l’ANIFA per fare un nome, né dagli acritici osannatori, Sefit, o per essere più precisi, Euroact, ed EFI, per fare altri esempi.

Deliberazione n. 733: finalmente, anche in Campania, gli operatori funebri possono realizzare e gestire le strutture, case funebri, che rappresentano il vero futuro del settore. Si tratta di un atto molto positivo per la crescita della funeraria campana che dimostra la sensibilità della Regione ai problemi della categoria.

Deliberazione n. 732: l’istituzione del Registro delle attività funebri, degli addetti impegnati nel comparto e delle aggregazioni di imprese rappresenta un utilissimo strumento per dare al settore quella trasparenza necessaria ad un serio contrasto alle irregolarità, all’opacità ed al malaffare vero e proprio. La normativa campana, molto dettagliata ed articolata e senza, almeno sembra, particolari oneri per l’Istituzione, potrà rappresentare un punto di riferimento anche per le altre regioni italiane

Qualche perplessità solleva il testo dell’art. 3, c. 5 relativo ad un attestato che dovrebbe autorizzare le singole imprese, abilitate all’esercizio dell’attività funebre beninteso, appartenenti all’aggregazione specifica, ad impiegare nello svolgimento dei singoli servizi (evidentemente il trasporto funebre) personale “dipendente dell’aggregazione o delle imprese aggregate”. Secondo la maggioranza degli uffici del lavoro e degli ispettorati del lavoro italiani si incorrerebbe nella “prestazione abusiva di mano d’opera” con la sola eccezione per le attività della “rete di impresa” che, con esplicita disposizione del ministero del lavoro prevede l’istituto della codatorialità, attraverso la modalità del “distacco” ma che presenta, insieme alle opportunità, anche notevoli complicazioni che rendono non facilmente applicabile questo strumento. Stante il fatto che la regione non può disporre linee guida interpretative per gli organi di controllo sui rapporti di lavoro, il rischio evidente è di incappare nei rigori della legge anche rispettando la direttiva della Regione.

Deliberazione n. 731: il tentativo della Giunta di dare omogeneità interpretativa delle norme relative all’attività funebre da più parti contestate e senza offrire alcuna risposta alle osservazioni di una importante Autorità dello Stato Italiano, l’Autorità della Concorrenza e del Mercato, presenta, oggettivamente, elementi di evidente criticità, pur apprezzando il tentativo di dare coerenza ad un impianto normativo oggettivamente problematico come dimostra la scarsa applicazione registrata in questi anni di vigenza anche da parte dei Comuni.

Senza soffermarsi su una scelta politica, unica in tutte le Regioni italiane, a suo tempo fatta, che oggi, seguendo il livello ed il costume esasperato del confronto politico tra i partiti, non si esiterebbe a definire di “macelleria sociale”, perché mette in seria discussione la permanenza sul mercato della maggioranza delle imprese funebri campane, al di là di mirabolanti risultati vantati da qualcuno,cerchiamo di entrare nel merito dell’articolato normativo.

  1. Si esplicita (art 1, c. 2) che il comune non rilascia un’autorizzazione comprensiva delle varie funzioni, ma rilascia un “titolo abilitativo”, per di più con validità annuale e non continuativa come ogni autorizzazione amministrativa, che non sopprime o sostituisce le specifiche autorizzazioni amministrative relative al commercio ed al disbrigo delle pratiche. Infatti, se non abbiamo letto male, ancorché nel comma 6 si sottolinei che la vendita di articoli funebri ed il disbrigo delle pratiche debba essere svolto unitamente al trasporto, non vi è menzione, né all’art,1 né all’art.2 che l’abilitazione sostituisce la singola SCIA e le autorizzazioni conseguenti. Non solo, nell’art. 3 (apertura di filiali) si ripete la medesima impostazione con la richiesta della presentazione delle due SCIA anche per la sede secondaria.I problemi che si pongono sono evidenti: se, come sembra ed al di là di ogni possibile “titolo abilitativo”, permane la singola SCIA o autorizzazione allo svolgimento delle conseguenti attività a queste riferite, avremo, di fatto, una frammentazione delle attività del settore senza poter effettuare alcun controllo sul sistema nel suo complesso stante il fatto che queste specifiche attività sono regolate da norme nazionali (liberalizzazione del commercio) che la Regione non può assolutamente modificare. E, conseguente a questo primo problema, si deve porre la questione di quale valore cogente possa avere la limitazione posta dalla regione alle singole attività contemplate all’interno del “titolo abilitativo”. Non è un caso che una simile interpretazione è stata data per lunghi anni da numerose amministrazioni comunali con la conseguente sostanziale inosservanza delle disposizioni regionali.
  2. L’art. 3, c. 4, sembra una sorta di “vendetta” contro quegli operatori che abbiano osato strutturare la loro azienda in modo più complesso ed accrescere la loro realtà imprenditoriale: come si può pensare, infatti, che l’autorimessa o il magazzino rappresentino una “filiale” che necessiti, conseguentemente, la presenza, quindi l’assunzione di ben due addetti con la qualifica di addetti alla trattazione degli affari? Pensavamo che la crescita di aziende più strutturate e solide fosse un vantaggio per il settore e non dei fenomeni “eversivi” da frenare e penalizzare con costi incomprensibili ed assolutamente illogici ed immotivati.
  3. E’ comprensibile il divieto relativo alle pubblicità nel settore di cui all’art. 4. Dubitiamo, purtroppo, sulla sua efficacia stante la diffusione e l’efficacia di forme pubblicitarie sempre più diffuse su canali informatici incontrollabili e, soprattutto, assolutamente liberi. Crediamo che la strada sia quella di inasprire le pene per le pubblicità ingannevoli sempre più diffuse nel settore.Fin qui le considerazioni sulle recenti Deliberazioni della Giunta Regionale Campana ed è doveroso ringraziare il Presidente De Luca e la Giunta nel suo complesso per l’attenzione che ha dedicato alle questioni del settore dopo troppi anni di trascuratezza assoluta.

    Le Deliberazioni non risolvono l’annoso problema delle minori imprese che, lo si voglia o no, rappresentano la maggioranza delle strutture aziendali della Campania. Se non intervengono adeguati correttivi e si manterrà l’obbligo di garantire i requisiti aziendali come formulati dalla legge e confermati dalla Deliberazione assisteremo ad una vera “macelleria sociale” che non sta nelle intenzioni della Giunta ma che rappresenterà l’effetto di questo provvedimento con la sicura aggravante delle difficoltà di molti comuni ad affrontare l’espulsione dal mercato di un consistente numero di imprese funebri.

    Il tema non è nuovo come ha dimostrato anche la recente modifica delle norme regionali varata dalla Regione Friuli e, crediamo, deve essere affrontato anche dalla Campania.

    Federcofit da tempo ha elaborato un’ipotesi, quella dell’avvalimento di alcuni requisiti con proporzionalità specifiche che ha trovato spazio in varie normative regionali, l’ultima quella della Basilicata, teso a mettere sotto controllo l’intero sistema senza differenziare diritti e doveri a seconda del volume di lavoro e della dimensione delle imprese, quindi senza introdurre artificiosi ed ingiusti privilegi.

    L’ipotesi da noi elaborata non è convincente? se ne metta in campo un’altra… ma non si faccia finta che il problema non esista e non sia degno di essere affrontato con l’attenzione necessaria né da parte delle Istituzione, né delle forze politiche o di quelle sociali presenti nella Regione: fare come lo struzzo e nascondere la testa sotto la sabbia non serve a nessuno.

GIOVANNI CACIOLLI

Segretario nazionale Federcofit